I Ragazzi di Busalacchi

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Ho avuto la possibilità di visionare, un anno fa, le bozze del libro sullo sbarco alleato del 1943 sulla Costa Iblea scritto e curato da Giuseppe Carbonaro di Ispica. Giuseppe nella vita fa il medico, ma per passione da sempre raccoglie foto, documenti, storie di vita vissuta e libri che riguardano lo sbarco. Tutto il racconto è stracolmo di dati e citazioni.
Il libro si rivolge soprattutto ai giovani, che non hanno conosciuto quelle dure esperienze dei loro avi. ”La storia è maestra di vita” e solo conoscendo gli eventi del passato si possono evitare gli stessi errori. ”Mai più guerre” è l’accorato monito finale dell’autore.
Mi ha chiesto un parere sull’opera e mi ha raccontato storie che meritano di essere divulgate e attendono da troppi anni in silenzio.

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Descrizione

“A Ispica e nel suo litorale gli alleati li aspettavano da giorni. Non per dargli il benvenuto, come è accaduto successivamente altrove, ma per cercare di opporsi all’invasione. Sono i “ragazzi “di Busalacchi e di Argenziano che daranno filo da torcere agli alleati a Ispica, a Rosolini e a Modica presso al quadrivio della Sorda. Giuseppe Busalacchi, pluridecorato della prima guerra mondiale e ferito ad una gamba, comandava un reparto di soldati del Gruppo Tattico Sud che, quando e’ arrivato il momento, non si sono sbandati scappando come tanti altri. No, sono andati al contrattacco e sono morti. A centinaia.”

“Da Niscemi si domina il litorale di Gela dall’alto e tutte le navi ed i mezzi da sbarco erano ben visibili all’alba del giorno dell’invasione. Una scena impressionante! I nostri bersaglieri, di stanza a Niscemi, sono partiti per combattere alla volta di Gela che dista circa 15 km. Sono partiti con i loro elmetti piumati, il fucile a tracolla e… in bicicletta; sì, in bicicletta perché le loro motociclette erano rimaste in Tunisia durante la ritirata, senza benzina. Sono partiti e non sono più tornati.”

“Prima dello sbarco il Comando della Marina invio’ 12 sommergibili per intercettare le navi americane ma purtroppo 11 furono affondati con tutto l’equipaggio e solo uno riuscì, alcuni giorni dopo, a rientrare alla base a Siracusa. Questi sfortunati italiani non sapevano che i vertici della Marina avevano consegnato, prima dell’armistizio, il porto di Siracusa e quello di Augusta  agli anglo-americani, senza sparare un colpo.
Furono cannoneggiati e affondati proprio quando ritenevano di essere al sicuro, a casa.”

Tre storie  che mi hanno particolarmente colpito e che non conoscevo. Ritengo che sia arrivato il momento, al di là delle contrapposizioni politiche del tempo, di dare ai bersaglieri, ai sommergibilisti e ai ragazzi di Busalacchi l’onore che meritano dopo 75 anni di oblio. Diamo un nome a questi italiani che hanno dato la loro vita. Solo gli alleati, nei resoconti di guerra, li hanno citati per il loro valore. Poi più niente.
Diamo un nome ai “ragazzi “di Busalacchi. Se lo sono meritato.